Villa Barni di Roncadello d'Adda

Il nome della frazione di Roncadello è menzionato per la prima volta nei manoscritti del 1150 ( testamento di Algizio Grassello ) e nel 1186 come
terra ceduta dal Barbarossa ai milanesi che vi rinunciarono nel 1199 a favore dei lodigiani.
Furono principalmente gli ordini monastici ( benedettini, cistercensi, umiliati ) a trasformare in terreno fertile una zona di fango, sterpaglie, sabbia e ciotoli. Roncadello deriva da " runcare", sarchiare ( da Vigna strepa. toponomastica del comune di Dovera).
Seguirono circa tre secoli di storia comunale a carattere rurale; dal XV secolo divenne feudo con vita propria, nel 1413 passa ad un generale visconteo, successivamente agli Stampa. In questo contesto si consolida un sistema insediativo complesso, sorsero cascine, bel cinque attorno al "Quartiere" , che fu il primo nucleo centrale abitativo del paese. Tra il sedicesimo e il diciasettesimo secolo il territorio fu investito da numerose azioni belliche, con conseguenti pestilenze, fino a ridurre la popolazione, che si era arroccata nei vari feudi produttivi con funzioni anche di difesa e sicurezza, ad un terzo.
La nobile famiglia Barni, facente parte delle famiglie patrizie lodigiane, il cui lustro era stato raggiunto per attiva partecipazione a magistrature e cariche ecclesiastiche, acquistò nel 1647 il fondo di Roncadello dalla ducale Camera di Milano; lo trovò in gran parte abbandonato e incolto. Era già presente un edificio il cui nucleo originale risaliva al sedicesimo secolo; la complessità,la ricchezza dei finimenti e la non finitezza rende ardua la datazione sia della struttura che dell'eventuale insediamento abitativo.
La costruzione costituisce un esempio di edilizia "colta" lo fa supporre la presenza di dipinti e la caratteristica copertura a volta , presente in ogni locale ad eccezione di quelli sopra il porticato. Posta sul lato nord della corte nobile così ne parla il Pettinari: " ha un vasto porticato, sostenuto da colonne di granito, a sostegno delle arcate; nei vasti ambienti, si possono scorgere resti di pitture e ornati, che denotano l'antica bellezza" ( Pettinari, da Lodi a ........ per castelli , palazzi e ville -1983) . Uno studio dell'Università di Pavia del 2009 ( Cirillo- Rudelli -Amosi) avanza due ipotesi: l'edificio potrebbe essere stato residenza nobiliare, probabilmente estiva data la presenza di due soli comignoli sul tetto; oppure essere servito alla permanenza di un ordine religionso , come farebbe supporre la disposizione planimetrica dei locali, data la presenza di un lungo corridoio che distribuisce molti locali di piccole-medie dimensioni, una grande sala al piano terreno che prefigura quelle capitolari , una cappella la cui visita garantiva indulgenza plenaria.
L'edificazione della fabbrica settecentesca è iniziata con Antonio Barni alla fine del seicento e proseguita con Giorgio Barni, vescovo di Piacenza, che dal 24 ottobre 1725 era entrato in possesso di tutti i beni a Roncadello.Gli architetti a cui fu commissionato l'ampliamento sono i Sartorio, famiglia di capomastri molto attiva a Lodi in quegli anni , Domenico il padre con i figli Piergiacomo e Michele, già operante presso palazzo Barni a Lodi insieme al "frescante" fiorentino Sebastiano Galeotti. Giorgio Barni aveva già conosciuto il Galeotti nella città farnesiana durante il suo vescovado e in seguito gli commissionò la realizzazione delle ornamentazioni del salone nobile della Villa Barni.
Nel salone l'artista ripropone soggetti e composizioni eseguite in precedenza, come la caduta dei giganti, Plutone e Proserpina, Sisifo e Prometeo, Galatea sul carro con Nettuno e Polifemo. La cromia presente è già quella adottata a Palazzo Pallavicino a Parma , a quella della Rocca di Sala Baganza: l'azzurro, il viola pallido, il rosso vinaceo e l'ocra; ripresa nelle medeglie sovrapporta e tra le finestre, raffiguranti i vizi capitali e gli elementi naturali ( Dugoni 1998).
La nuova grandiosa costruzione integra così gli edifici preesistenti, impegnando notevolmente le risorse dei Barni come documentato da numerose note di consegna dei materiali di edificazione a mastro Domenico Sartorio.( Archivio storico Barni)
Essa si compone essenzialmente di due organismi accostati tra loro: quello della villa vera e propria imperniata su un cortile circondato da quattro corpi e quello dei rustici, ugualmente formato da una corte sulla quale si affacciavano ambienti di ricovero.
La villa è organizzata su due livelli, il piano terra con funzioni di rappresentanza , il primo piano per le attività private. Al centro del corpo principale si innesca il "terzo piano" che per l'insolita forma di copertura pare essere stato modificato nel corso del diciannovesimo secolo, nel quadro di rinnovamento della villa e in coincidenza anche del fatto che i Barni la ritennero residenza stanziale e non più solo estiva.Nelle sale al piano terra vi sono decorazioni pittoriche di gusto già ecclettico con rievocazioni mitologiche , scene di paesaggi, grotte animate da personaggi legati alla famiglia( Don Inzoli parroco di Monte Cremasco poeta dialettale; don Luigi Zucchi ,parroco di Roncadello).
Agli inizi dell'ottocento i Barni misero mano al maestoso giardino romantico-all'inglese reso suggestivo da arredi e luoghi curiosi: la ghiacciaia, la grotta, il gazebo, il tempietto, la torre neogotica, il ponte levatoio, la stele funeraria, la the house, l'urna cineraria.
Già proprietà della Pia Casa Barni Corrado ( nome aggiunto perchè ereditato dalla famiglia Corrado de Oliveira come da albero genealogico presente in villa) attualmente è di proprietà della Fondazione omonima, nata l'1 gennaio 2004. Il primo atto importante della Fondazione è stato il ritorno ufficiale in Villa il 09.09.2009 dell'archivio storico Barni, preziosa fonte documentaria della storia della famiglia che copre l'arco di ben otto secoli. Attualmente la Fondazione ha in corso un impegnativo ed ambizioso piano di restauro conservativo che porterà la Villa ai fasti di un tempo.