Santuario del Pilastrelllo
La devozione popolare fa coincidere, davanti ad un’edicola della Madonna, la guarigione di una contadina. Nei pressi della stessa vi era anche una fontana pubblica , accessibile a tutti coloro che volevano dissetarsi. Caterina, la miracolata, custode di oche, rappresenta la tipologia femminile propria del periodo del fatto prodigioso: 14 maggio 1386.
Dovera a quel tempo passava da comune rurale, sotto i lodigiani, a possedimento signorile del conte Giovanni Vignati per investitura dell’imperatore Sigismondo; nel 1413 era una terra di confine che brulicava di briganti,con ampie zone di sterpaglie ridotte poi a colture dall’intervento di ordini
religiosi che proficuamente operavano sul territorio.
Nella prima metà del trecento, quando le signorie non erano ancora nel pieno delle loro forze, la zona era segnata da una situazione di instabilità, acutizzata dal fatto che Dovera ( curtis dovariae) si trovava ai confini di una vasta zona, notevolmente frammentata, in cui convivevano istituzioni comunali e realtà signorili in via di affermazione.
Il territorio non ebbe mai vocazione mercantile o manifatturiera, ma cerealicola e zootecnica, grazie anche al rigoroso e capillare controllo delle acque, convogliate in una cinquantina di rogge, fontanili, risorgive.
Di fronte al calo della popolazione, dopo la peste del 1348, e le conseguenti maggiori pretese dei contadini superstiti, la nobiltà terriera impose un aumento dei canoni con intento di consolidare la sua rendita; non più interessata ad esercitare la sua egemonia politica e sociale in città si insediò sul territorio ( generale visconteo, Vignati, Cusani, Serbelloni, Cassera, Cattani).
Il livello di vita dei contadini decadde notevolmente, molti si trasformarono in salariati, affittuari o mendicanti.
Le donne, come gli uomini, erano obbligate a lavorare per la loro sopravvivenza e quella della loro
famiglia,si occupavano prevalentemente del lavoro meno faticoso nei campi: conservazione del grano, coltivazione dell’orto, preparazione del pane, pascolo degli animali domestici (capre pecore e oche), gestione del piccolo commercio locale ( uova, latte ,formaggio e frutta).
Per sopperire alle incombenti necessità sorgono le confraternite, formate da religiosi e da laici , ma sono anche gli aristocratici che si fanno carico dei poveri.
Gianpaolo Marcellini, consanguineo della badessa Nicolina del monastero di San Damiano, nel suo testamento del 26-3-1381 lasciava alla religiosa un usufrutto di 470 pertiche, diritti d’acqua perché potesse distribuire elemosine agli abitanti del luogo, creando così una rete di protezione intorno agli indigenti.
Non solo si attendeva alle necessità materiali, ma anche a quelle dell’istruzione: Ughino Cattani lasciava, nel testamento del 1382, una rendita perché un monaco tenesse scuola di grammatica in un locale della sacrestia dell’oratorio della B.V.P.
A sud di Dovera ,in mezzo a vegetazione palustre, c’era un pilastrello sulla sommità del quale era dipinta la Vergine con in grembo il Bambino, Caterina, per un fatto prodigioso, riacquistò l’uso della mano, la parola e l’udito. L’apparizione ebbe grande eco da indurre i doveresi ad erigere una cappelletta, con le abbondanti elemosine che confluivano intrapresero la costruzione di un oratorio, probabilmente sulla preesistente chiesa risalente all’XI secolo (G.Oldrini: prova ne sono gli affreschi del XII Secolo che l’adornano).
Dell’esistenza di due cappelle fa riferimento una relazione a margine di una visita pastorale del 21 agosto 1576, nonché la concessione di celebrare la messa nell’oratorio di S.Maria di Dovera, da parte della diocesi di Pavia, che porta la data del 15 ottobre 1594, cosi come documentato in "Gli affreschi dell'Oratorio della Beata vergine del Pilastrello " di Claudia Codecasa.
L’edificio più piccolo nel 1639 fu demolito, a causa di gravi danni, l’immagine della Madonna del Pilastrello trasportata nell’abside della chiesa dell’apparizione ,detta dei Santoni, venne poi radicalmente ristrutturato tra il 1920 e il 1922, come adempimento di un voto dei reduci della grande guerra .Il nuovo edificio è detto” Santuarietto”.
La chiesa dei Santoni è giunta a noi pressoché intatta nel suo impianto tardo trecentesco, su schemi gotici. L’edificio è preceduto da un pronao costruito successivamente per proteggere i dipinti dalle intemperie.
Sulla facciata esterna in alto , appena al di sotto della trabeazione in legno, vi è una decorazione di archetti intrecciati in terracotta, sui fianchi due enormi santi: S. Antonio e S.Cristoforo, a guardia dei due opposti elementi, l’acqua e il fuoco. Al centro, sopra il portale, la Resurrezione di Cristo, l’Annunciazione,con un esiguo accenno prospettico; Dio Pantocratore che con la mano sinistra tiene il Nuovo Testamento, con la destra indica la Trinità.
La facciata interna, molto compromessa anche dalla presenza di un organo ora smantellato, presenta due edicole – documento del miracolo, in quella di destra Caterina tende la mano rattrappita alla Madonna. Più spostata verso la parete l’immagine di S.Antonio Abate nell’atto di ricevere intercessioni da un fedele inginocchiato. Il Santo è più volte rappresentato anche perché molto presente nella tradizione popolare. Insieme a San Ilarione,al quale è dedicato l’oratorio di Barbuzzera, visse una vita di eremitaggio nella sua terra natale in Palestina; viene rappresentato vecchio con la barba bianca, santo taumaturgo, guaritore delle piaghe (fuoco di Sant’ Antonio).
Sulla parete di destra l’immagine di Maria è una costante, posta sul trono esalta la maternità, tutte le madri si dovevano sentire orgogliose del loro privilegio, chi guardava doveva essere spinto da profondo rispetto nei confronti dell’amore materno. Vi è una forte attinenza con i dipinti votivi, opera presumibilmente dello stesso pittore che ha operato nella chiesa di S. Francesco a Lodi e nel duomo. La Madonna presenta lo stesso incarnato rosato, è posta su troni lignei finemente sagomati, tiene il Bambino in grembo che assume diverse posture. Non c’è accenno alla prospettiva, nè al realismo giottesco, dal volto traspare una comune tenerezza affettiva.
La messa che qui veniva anticamente celebrata da un cappellano, a pagamento,era riservata soprattutto alle donne gravide; gli altri dovevano andare in parrocchia. Ciò creò anche una disputa tra la confraternita della B.V.P. ed il parroco, risolta per intervento della curia pavese.
Appare meno ieratica la “Madonna del latte”, il suo volto è leggermente reclinato verso destra, la mano tiene premurosamente il bimbo tra le mani, in procinto di succhiare il latte.
Nello spazio sovrastante vi sono i riquadri dedicati a S.Francesco e S.Agnese; non sono dipinti coevi, ma di impostazione settecentesca, eseguiti in seguito alla ricostruzione dell’oratorio nella seconda metà del seicento, dopo essere stato lazzaretto al tempo della peste bubbonica. Segue l’albero di jesse ovvero l’albero genealogico di Maria.
Verso il fondo si delinea, in buono stato una “Mater Misericordiae”, in posizione speculare rispetto a quella della parete sinistra. L’una accoglie sotto il suo mantello indifferentemente aristocratici e popolani, l’altra non si cura dell’identità degli afferenti che hanno il capo coperto da un cappuccio.
Sicuramente”L’ovale del Padre”è il dipinto che evoca maggior spiritualità: tiene in braccio la Madonna - bambina, intorno l’arcobaleno, simbolo della nuova alleanza, madre di Gesù , ma anche figlia.”Vergine madre, figlia del tuo figlio,/ umile ed alta più che creatura/ termine fisso di eterno consiglio. Dante-Paradiso XXXIII canto.
Nello spazio sottostante vi è l’angelo-giudice con la bilancia, nell’atto di separare i beati dai dannati
Sulla parete sinistra, oltre alla già citata Madonna del latte, altre immagini mariane fanno supporre ad ex-voto, ma mancano date e committenti. Seguono immagini di santi: S. Caterina d’Alessandria e S. Bartolomeo che mostrano i simboli del loro martirio: la ruota e la pelle. Si prosegue ancora S. Antonio e con i vescovi lodigiani Bassiano ed Alberto .
Completa la parete sinistra la deposizione di Cristo, le donne protagoniste della scena, pur nella loro fissità compositiva, esprimono attraverso l’espressione del volto la sofferenza per l’avvenuta crocifissione. L’autore degli affreschi ha dato un impianto narratologico alle scene rappresentate: crocifissione, deposizione, l’arrivo delle pie donne ( Maria Maddalena con la boccetta degli unguenti)e sulla facciata esterna la resurrezzione.
Il complesso del santuario sorge al centro del paese, lungo la strada statale bergamina, costituisce un angolo di indubbia suggestione, armonicamente rappresentato anche dal santuarietto di stile eclettico: la facciata è neoclassica e la cupola cinquecentesca.
L’interno, a pianta ottagonale presenta raffinate decorazioni. Alle pareti si trovano numerosi ex voto a memoria della devozione mariana dimostrata dai doveresi.